
“Seguo Cantù e il Como da sempre. Lo sport comasco è in declino per il disinteresse delle istituzioni”, ci ha detto il giornalista comasco Fabrizio Biasin
Al Calcio Como è rimasto il blasone e poco altro: gioca addirittura in Serie D e nemmeno lì ha trovato pace a livello societario. Una fine simile potrebbe farla la Pallacanestro Cantù, visti i gravissimi problemi finanziari in cui versa il club. E anche negli altri sport, a parte qualche eccezione, a Como e dintorni non ce la passiamo benissimo. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Biasin, autorevole firma di Libero e Tuttomercatoweb, tra le altre. Comasco, interista ma particolarmente legato ai colori biancoblu, sia per la palla a spicchi sia per quella che rotola sull’erba. Biasin è stato disponibile a darci la sua chiave di lettura sul momento dello sport locale.
Fabrizio Biasin e la Pallacanestro Cantù: sei tifoso? Frequenti i palazzetti?
“Sono sempre stato un grande appassionato, andavo al Pianella anche perché mio fratello era amico di Gilardi, grande giocatore anni ‘80. Addirittura ho sempre preferito guardare dal vivo il basket rispetto al calcio, secondo me è più bello. Infatti lunedì ero al PalaDesio, poi se ci capisca o meno è un discorso diverso…“
E dall’esterno che idea ti sei fatto della situazione societaria?
“Da quando è arrivato Gerasimenko c’è sempre stata una sensazione di instabilità, con diverse problematiche culminate in quella attuale. La società è in difficoltà ma la cosa bella è stata l’immediata reazione della gente: di certo la piazza non abbandonerà la squadra. Ora bisognerà capire cosa succederà a livello finanziario, cosa più complicata. Ma c’è speranza“.
Proprietà straniere nello sport: non c’è solo Cantù. Il Como ha preso una fregatura con la Essien, in squadroni come Inter e Roma invece durano e ottengono risultati. Tu guardi le proprietà straniere con occhio critico oppure no?
“Ma no, ormai non ci deve essere nessun problema. E’ un dato di fatto che siano un’opportunità in fatto di disponibilità economiche. Ovviamente bisogna stare molto attenti agli speculatori, stranieri o italiani che siano. Poi dipende dalla rilevanza che si dà all’investimento: se al mecenate straniero la società non interessa più di tanto, allora le antenne devono drizzarsi. Nel caso dell’Inter per esempio non è così“.
A proposito, tu sei uno dei “comaschi che tifano Milano” che tanto stanno sulle scatole ai tifosi del Como. Ma sappiamo che segui la squadra, spesso ne hai parlato nei tuoi pezzi. Descrivici il rapporto tra te e la maglia biancoblu
“Ho frequentato il Sinigaglia da quando avevo cinque anni fino all’anno scorso, mi sento un sostenitore da sempre. Sono andato in Curva, ho fatto abbonamenti e sono molto legato alle sorti del Como. Tutti gli anni ci rimango malissimo quando vedo che la situazione non migliora. Le prestazioni sul campo sono il problema minore, è la gestione delle cose che non va. Ho la percezione che anche attualmente non ci sia nessuno che si interessa davvero al Como. In teoria dopo i fallimenti bisognerebbe risanare tutto, invece si ricasca sempre nei soliti errori perché di fondo c’è un disinteresse dell’amministrazione. In pratica se ne fregano tutti e non da ora: finita l’era Preziosi è stato un disastro“.
Se l’Inter è la “moglie” di Fabrizio Biasin, il Como cos’è?
“Direi mio padre, cioè le origini. Sono cresciuto a Como, conosco le società dilettantistiche, ci ho giocato. Speriamo che il Como vada in C“.
Che ne pensi di quanto successo in questi mesi in Serie B e C? Cosa si può fare per queste categorie in cui fare calcio è una perdita sicura?
“Servono delle riforme. Siamo ancora lontani dalla normalità, cioè dall’avere squadre che possono garantire stipendi ai tesserati per tutto l’anno e non società che da un mese all’altro spariscono. Dovranno pensarci Federazione e Leghe. Ormai sembra che essere promossi in una serie superiore sia un problema, invece di un’opportunità. Ci si spaventa, è paradossale“.
La tua città ha un problema di strutture sportive, tra il Pianella, il Sinigaglia, Orsenigo, Muggiò, Casate…
“Quando ero bambino c’era una squadra importante di hockey, una di pallanuoto in Serie A, una di basket femminile che vinceva gli scudetti, la Comense che faceva sempre risultati nell’atletica. Insomma, a Como c’era lo sport. Oggi non c’è più niente. I privati hanno iniziato a disimpegnarsi e le amministrazioni hanno abbandonato lo sport fregandosene completamente“.
In questo quadro a tinte fosche, che speranza conclusiva puoi darci?
“Dipende. Dipende dalle ambizioni e dall’interesse. Tornare ai fasti degli anni ’80 mi sembra molto complicato, soprattutto visto che non sembra esserci la volontà da parte di nessuno. Anche a livello regionale si fanno sempre un sacco di chiacchiere sulle strutture, ma poi non cambia mai niente“.






Perfettamente ragione
Parole sante!!!
Però diciamo anche a Fabri che lui qualche articolo su ComoCantu’ potrebbe farlo